Il ricatto turco

Fine dell’Europa in pochi secondi

Per concludere la mesta esperienza dell’Unione europea sono bastati pochi secondi. Il tempo che il cordiale e sorridente ministro degli esteri turco, una vaga e inquietante somiglianza con Himmler la sua, abbia di fatto proposto l’emarginazione della Grecia, e ufficializzato la chiusura della rotta dei Balcani. Quello che non è riuscita a fare una crisi economica lunga 5 anni, lo avrebbero fatto i profughi. Povera cancelliere Merkel. Preoccupata com’è di tenere in vita l’ordine di Schengen, la ricetta turca sulle riammissioni, è anche la sua. Non può invece accettare l’idea di isolare la Grecia, come invece vorrebbero fare Austria, Ungheria, Polonia, Slovacchia e ancora gli altri paesi che vedono nell’opzione turca la loro salvezza. Figurarsi quindi se nella Ue non sono disposti ad accettare una proposta che appare come un ricatto, e far cadere di colpo ogni inibizione che aveva lasciato la Turchia ai propri confini remoti. Si è appena venuto a sapere che il governo turco ha sostenuto al Qaeda in Siria ed ecco il folletto di Erdogan, Davoutoglu, fare da anfitrione ai vertici di Bruxelles. Che vi sia un’ironia della storia è certa, purtroppo qui si sta per consumare in tragedia. Francia, Gran Bretagna, Austria e Slovacchia si oppongono alla liberalizzazione accelerata dei visti. Cipro si arrocca sul veto alla riapertura dei capitoli negoziali sull’adesione. Come abbiamo visto i paesi dell’Est sono contrari alla riallocazione per quote dei profughi, in qualunque condizione. Inutile descrivere la faccia del buon Tsipras che avrà rimpianto di non essersi ritirato quando poteva in un’isola sull’Egeo con il suo nemico amico Varoufakis. L’unica figura decente in tanto scompiglio, bisogna dargliene atto, l’ha fatta il premier italiano, Renzi, il quale ha compreso che una comunità finisce nell’esatto momento in cui si piega ai ricatti del primo che dispone di un’arma qualsiasi. Renzi ha dunque fatto bene a porre almeno una questione di principio. La Turchia riconosca la libertà di stampa. Possiamo solo immaginare la faccia dei tanti colleghi del nostro presidente del consiglio stupiti dalle sue parole. Questi italiani, i soliti poeti, si saranno detti.

Roma, 8 marzo 2016